Contabilità ambientale nella politica agricola
europea
Giovedì 17 giugno scorso, all’Accademia dei Georgofili, il
prof. Luigi Omodei Zorini ha tenuto una lettura su "Contabilità ambientale nella
politica agricola europea".
Dopo aver esaminato l’evoluzione della integrazione dei temi
ambientali (greening) nella Politica Europea ed in particolare in quella
Agricola (PAC), nella lettura si è esaminato il sistema di audit
aziendale previsto nella riforma Fishler della PAC (Regolamento C.E.
1782/2003). Esso rappresenta uno strumento di controllo sia della
"condizionalità" (cross compliance) per la corresponsione del pagamento
unico degli aiuti al reddito degli agricoltori, sia per l’applicazione delle
misure agroambientali dei Piani di sviluppo rurale che costituiscono il secondo
pilastro della riforma stessa.
La Contabilità ambientale risponde alle esigenze del suddetto
audit. Essa tuttavia può essere attuata a vari livelli, corrispondenti ad
obiettivi di approfondimento diversi.
Un livello più approfondito (dark green) è quello che
integra la tradizionale contabilità economico-finanziaria con quella ambientale
per rispondere ad esigenze di gestione aziendale per un miglioramento della
stessa e che mirino ad una dettagliata documentazione degli impatti positivi e
negativi, anche ai fini della certificazione di qualità ambientale. Essa
consisterà nella riclassificazione dei conti, evidenziando quelli relativi agli
interventi sull’ambiente, nella aggiunta di voci riguardanti ricavi e costi
"nascosti", nell’aggiunta di "addenda", costituite dalla valutazione monetaria
delle esternalità e da un prospetto di indicatori ambientali per i quali non è
pensabile una valutazione monetaria. Tale livello può anche assolvere ad
esigenze di analisi di casi studio per la messa a punto di interventi di
politica agroambientale più pertinenti da parte delle istituzioni ed a questo
scopo potrebbe essere opportunamente supportata.
Un livello intermedio (medium green) potrebbe essere
rappresentato da una contabilità ambientale costituita dalla rilevazione di
indicatori ambientali, opportunamente scelti in base alle priorità locali
definite attraverso la concertazione tra istituzioni e soggetti sociali e
produttivi. A questo livello potrebbe non essere necessaria la presenza di una
contabilità tradizionale, ma l’audit consisterebbe in un confronto tra i
livelli degli indicatori ed i livelli soglia stabiliti dalle norme, dai
requisiti minimi (Allegato III del regolamento citato) e dalle buone pratiche
agronomiche (allegato IV del regolamento stesso), nonché da obbiettivi fissati
dalla gestione aziendale per verificare il miglioramento nelle prestazioni
ambientali dell’azienda stessa; a tal fine sarà necessario un confronto tra i
risultati degli indicatori anno per anno in modo da evidenziare il progresso
della gestione aziendale nei confronti del comportamento virtuoso verso
l’ambiente. Tale livello può anche arrivare al dettaglio sufficiente per
certificazioni del tipo ISO14000 ed EMAS.
Infine un livello di audit minimo (light green),
che potrà riguardare la maggioranza delle aziende, quelle che scelgono di
attenersi al minimo indispensabile per assicurare la documentazione necessaria
ad accedere al regime di pagamento unico. Esso, presumibilmente, consisterà
nella documentazione, per lo più autocertificata, del rispetto dei requisiti
minimi e del rispetto delle buone condizioni agronomiche previsti dai citati
allegati al regolamento 1782/03. Le Regioni stanno lavorando per mettere a punto
uno strumento in grado di consentire un siffatto controllo.